La proposta teorica fondamentale di Marco Armiero in L'era degli scarti. Cronache dal Wasteocene, edito da Einaudi, è l'introduzione della definizione di Wasteocene, era degli scarti appunto, in polemica con l'Antropocene e le sue narrazioni. Secondo Armiero, infatti, la narrazione dell’Antropocene, all’interno del dibattito contemporaneo sulla crisi ecologica in atto, tende a nascondere le disuguaglianze sociali e depoliticizzare la critica.

   
    Contro l'Antropocene, le relazioni di scarto


Quella attuale non è solo una crisi ecologica ma socio-ecologica. Il Wasteocene intende mostrare le conseguenze della crisi e svelare quanto essa sia reale e vicina a noi, oltre che globale. La nostra epoca sarebbe dominata «dalla capacità umana di influire sull’ambiente al punto di trasformarlo in una gigantesca discarica».

Secondo Armiero non è una generica umanità ad aver portato il pianeta e gran parte della popolazione mondiale al collasso, bensì un particolare modo di organizzare la produzione e le società: il capitalismo. Il nostro tempo è retto da particolari rapporti capitalisitici che l'autore definisce wasting relationships, relazioni politico-esistenziali in cui c'è chi scarta e chi è scarto. Il capitalismo, sul modello della discarica e dello scarto di produzione, per funzionare avrebbe bisogno di creare anche una scarto umano: comunità, territori e realtà sociali marginalizzati, invisibilizzati, rimossi.


    Un viaggio in quattro capitoli


Lo scarto non è, dunque, solo una metafora ma il grimaldello interpretativo che l'autore utilizza per dare una lettura originale della nostra contemporaneità, in quattro capitoli:


  1. Capitolo 1 - Illustra l'obiettivo dell'autore: raccontare una storia politicizzata e giusta della crisi socio-ecologica, che dall’Antropocene giunga al Wasteocene;
  2. Capitolo 2 - Analizza le narrazioni tossiche che permettono di creare e mantenere comunità e territori di scarto;
  3. Capitolo 3 - È dedicato alla geografia dello scarto che riflette la geografia delle ricchezze con i paesi poveri chiamati ad assorbire gli scarti di quelli ricchi.  Viene osservata al microscopio la crisi dei rifiuti di Napoli e Pianura;
  4. Capitolo 4 - Nel quarto capitolo troviamo la pars costrunes del libro, che narra le potenzialità delle comunità contaminate di trasformarsi in comunità resistenti, capaci di smantellare il progetto discriminatorio del Wasteocene e minarne il funzionamento.
  
     Invisibilizzazione e normalizzazione


Per produrre scarti, il Wasteocene necessita di una solida ed efficace infrastruttura narrativa, un dispositivo in grado di raccontare una storia che renda il Wasteocene accettabile, di normalizzare la pratica dello scarto e rendere invisibili gli scartati. Armiero, con Wu Ming, parla di narrazioni tossiche alle quali si contrappongono le narrazioni contro-egemoniche.

Lo storytelling che caratterizza il Wasteocene fa leva sull’addomesticamento della memoria collettiva, questo tipo di narrazione normalizza o invisibilizza lo scarto umano, colpevolizza chi si trova dall'altra parte del muro, nella discarica.

Anche sulle narrazioni tossiche si appunta l'intervista di Tiziano Toracca durante la proclamazione dei finalisti di Premio Biella Letteratura e Industria 2022. La potete rivedere integralmente qui:


 

  
     Sabotare il Wasteocene


Secondo l’autore di L’era degli scarti per sabotare il Wasteocene è necessario rinunciare al mito del riciclo integrale e alla logica della discarica che lo alimenta. L'esistenza delle discariche, infatti, è strumentale al mantenimento della sicurezza e della bellezza dei quartieri che le sono lontani. Alla base della logica della discarica c’è la volontà di allontanare, bandire, occultare il rifiuto. Solo sfidando questo meccanismo è possibile sottrarsi alla logica del rifiuto. Il mezzo principale per mettere in atto questo sabotaggio sono le pratiche di commoning il mettere in comune, le pratiche di gestione dei beni comuni che spezzano la dicotomia tra ciò che ha valore e ciò che può essere scartato. Scrive Arimiero: «Le pratiche di commoning sabotano la logica del Wasteocene perché riproducono i valori sociali attraverso l’inclusione e la costruzione di comunità, mentre la logica del Wasteocene riproduce le disuguaglianze attraverso l’alterizzazione e lo scarto».


Marco Armiero è dirigente di ricerca presso l'Istituto di Studi sul Mediterraneo del Consiglio Nazionale delle Ricerche e direttore dell'Environmental Humanities Laboratory del KTH di Stoccolma. Per Einaudi ha pubblicato Le montagne della patria (2013). Dal 2019 è il presidente della European Society for Environmental History.


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