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Premio Lions Bugella Civitas

Il Lions Club Bugella Civitas, al fine di stimolare la lettura dei finalisti della ventitreesima edizione del Premio Biella Letteratura e Industria e indurre a una riflessione critica sulle tematiche del mondo del lavoro promuove un concorso a livello nazionale rivolto a tutti coloro che scriveranno una recensione su uno dei cinque volumi finalisti al premio.

Vincitore

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Giovanni Orso

per la recensione del volume

L’impresa italiana

di Franco Amatori

Charles Baudelaire sosteneva che gli scritti lunghi sono la risorsa degli imbecilli che non sanno farne di brevi. L’assioma vale anche per i saggi. Così, un saggio tanto più si rivela pregevole quanto più sappia essere come un’ape ovvero sia capace di pungere il lettore, di nutrirlo con il miele della cultura e di volare via leggero. Ecco, Franco Amatori è riuscito a compiere questo miracolo. Con “L’impresa italiana”, Amatori distilla e condensa, nei nove agili capitoli del saggio, una storia d’Italia, dall’Unità a oggi, dall’angolo visuale dell’impresa, senza indulgere alla celebrazione schumpeteriana del “demiurgo imprenditore”, nemmeno là dove traccia una galleria dei grandi capitani dell’industria italiana. Anzi, i principali pregi del saggio sono l’aver saputo sempre collegare storicamente la dimensione microeconomica (le imprese e la loro carica innovativa) a quella macroeconomica (lo Stato e le sue politiche industriali contraddittorie) e aver approcciato la materia per grandi fasi: la crescita dell’Età Giolittiana, il ristagno fascista, l’accelerazione del Dopoguerra, il rallentamento degli ultimi anni. In sintesi estrema, per Amatori, l’Italia delle imprese resta però una realtà “frizzante” (nell’accezione di Durkheim). Una vitalità spiegabile, in parte, con la tesi gramsciana della stratificazione millenaria di competenze artigiane sui territori propria dell’Italia. Non solo: emerge, in controluce, una originale spiegazione del rapporto Stato-imprese che pone l’accento sulla specificità di un soggetto Stato italiano costruito in soli dodici anni (tra il 1849 e il 1861): di qui, il “peccato originale” di un’organizzazione fatalmente accentrata, anelastica al federalismo di Cattaneo o all’autonomismo di Minghetti. Un accentramento sotto il quale, però, pulsava (e pulsa) una realtà sociale multiforme. Fatale che la mediazione fra Stato e imprese fosse lasciata alla politica, cristallizzando, nel tempo, quel problema che ancora ne caratterizza il controverso rapporto.

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