Un operaio calabrese, emigrato a Milano negli anni della gioventù alla ricerca di un lavoro, è il protagonista di una vicenda umana e sociale, piena di speranza e di disincanto. Egli desidera una sola cosa dopo aver raggiunto la soglia della pensione: tornare al paese natale, dove lo aspetta una casa costruita con i sacrifici di una vita, ricongiungersi con una realtà antropologica nella quale riscattare privazioni, attese, promesse. I suoi progetti però incontrano l'ostilità di moglie e figli, incapaci di pensare se stessi in un altrove geografico che non sia la modernità cittadina, con i supermercati, il traffico, lo smog, il rumore, e all'operaio non rimane che tornare da solo al paese, finendo per diventare un personaggio allucinato, in preda alle ossessioni che hanno pervaso la sua esistenza a Milano.
Rifacendosi alla consolidata tradizione del "romanzo di fabbrica", frequentato con successo nei decenni scorsi da autori come Ottieri, Volponi, Balestrini, Dante Maffia realizza un'opera che ha il suo punto di forza nel ritratto della condizione operaia nell'epoca della post-fabbrica e nella lingua, che si presenta in forma di monologo sensibile alle corde della memoria e della nostalgia, alle increspature dell'emotività e dell'alienazione.
Giuseppe Lupo
Dante Maffìa è nato a Roseto Capo Spulico, in Calabria nel 1946. Come poeta ha esordito nel 1974 con il libro Il leone non mangia l'erba, introdotto da Aldo Palazzeschi. Tra i suoi tanti libri di versi, in italiano e in dialetto, ricordiamo almeno Le favole impudiche (1977), Il ritorno di Omero (1984), I rùspe cannarùte (1995), Lo specchio della mente (1999), Papaciòmme (2000) e Al macero dell'invisibile (2006). Tra i suoi libri narrativi ricordiamo Le donne di Courbet (1996) e Il romanzo di Tommaso Campanella (1996). Ha curato e introdotto molti classici antichi e moderni. Vive e lavora a Roma.