Il libro di Marco Rovelli dà voce alle schiere di migranti diventati, nel meccanismo feroce della nuova economia globale, clandestini e servi, esposti a ricatti, ingiustizie, violenze, allucinanti cacce all'uomo. In un tessuto narrativo corale e dialogico, che elude ogni schematismo di genere come rifiuta ogni neutralità di rappresentazione, e che presuppone un impegno radicale di verità («Ho visto ciò che tutti sanno e che tutti possono vedere. Semplici gesti di mani»), l'autore racconta vita e fatiche quotidiane di una moltitudine di oppressi e sfruttati, da un capo all'altro dell'Italia, dai campi del Meridione alle «belle città » della penisola. Indispensabili al sistema economico italiano che abbatte il costo del lavoro grazie a una flessibilità spietata, i lavoratori clandestini sopravvivono in una condizione di esistenza negata, che di per sé «annulla le persone e le rende disponibili alla soggezione». Nelle storie di braccianti e manovali, di badanti e altre «macchine muscolari» senza diritti e senza parola affiorano dal sommerso i dispositivi economici, le connivenze malavitose e gli aggiustamenti politici e legislativi che reggono le trasformazioni di una modernità italiana spesso somigliante a un sinistro protocapitalismo ottocentesco.
Milva Maria Cappellini
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