La Fiat è stata in questi anni al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica. Lo è stato soprattutto il suo amministratore delegato Sergio Marchionne. Il suo stile, duro e diretto, la sua battaglia senza esclusione di colpi nei confronti del più grande sindacato operaio, la Fiom, le condizioni poste o imposte ai lavoratori in nome del bene e della sopravvivenza dell’azienda nel mercato mondiale, sono state considerate una novità politica, una rottura con le vecchie prassi sindacali che meritavano interesse. C’è stata invece in questi anni scarsa curiosità nei confronti di coloro che direttamente subivano le conseguenze delle sue decisioni, scarsa attenzione per come si è modificata la vita in fabbrica nell’era Marchionne e per come la Fiom ha retto questo scontro. Lo squalo e il dinosauro vuole coprire questo vuoto con un reportage su quello che finora è stato nascosto: la condizione operaia negli stabilimenti Fiat dominati dalla minaccia della chiusura. Un’inchiesta negli stabilimenti da Mirafiori a Melfi sulle nuove pesanti condizioni di lavoro, sulle conseguenze della cassa integrazione, sulla paura per il futuro. Un’analisi del conflitto che ha contrapposto la Fiat di Marchionne alla Fiom di Landini e che oggi vede il più grande sindacato operaio espulso dai luoghi di lavoro e alla ricerca di una nuova identità.
Alla rimozione della classe operaia dal discorso pubblico e dall’orizzonte politico, Ritanna Armeni risponde indagando le vite operaie – al tempo della globalizzazione e della crisi mondiale – negli stabilimenti Fiat violentemente trasformati dalle recenti strategie aziendali.
Lo squalo è il neoliberismo universale con il suo apostolo Sergio Marchionne, che divora i diritti, nega la dialettica, infrange pratiche sindacali e prassi di mediazione politica. Il dinosauro è invece la Fiom di Maurizio Landini, accusato di pesantezza e immobilismo, tenace nell’antagonismo e nella resistenza.
Con i toni immediati e lo stile del reportage, Armeni dà voce ai sentimenti delle donne e degli uomini di Pomigliano, di Melfi, di Mirafiori. Si contrappongono da un lato la frustrazione umiliata dei metalmeccanici, precarizzati e ricattati, resi sostituibili e subalterni, defraudati di diritti e identità; dall’altro il sarcasmo arrogante di un management che – tra liberismo estremo e aiuti di Stato, retorica nazionale e spregiudicata dislocazione planetaria – mira alla schiavizzazione dei lavoratori e all’annullamento della rappresentanza. Il conflitto tra operai e azienda mostra i tratti più antichi e tipici dello scontro di classe; tuttavia, modi e linguaggi appartengono alla peggiore post-modernità: l’inganno degli stabilimenti modello (celebrati da economisti incauti) e delle promesse mancate, il sovvertimento delle categorie identitarie, l’adulterazione delle parole che trasforma i diritti in privilegi, il paradosso per cui il riconoscimento del sindacato dipende dalla sua obbedienza al diktat padronale; e, ancora, la spinta a interiorizzare controllo e censura, i rituali di autoaccusa, l’autoriduzione della conflittualità.
La scelta di Marchionne di affrontare la crisi non già valorizzando creatività e progettando innovazione bensì impoverendo l’offerta e comprimendo il costo del lavoro inibisce lo sviluppo economico dell’intero paese: per dissimulare il valore profondamente reazionario di tale scelta è necessario esasperarne il carattere ideologico e al tempo stesso caricarla di implicazioni psicologiche, terrorizzando la controparte e annientando l’avversario. Nondimeno, proprio la voracità dello squalo conferisce forza al dinosauro: la Fiom acquista dallo scontro una più precisa fisionomia perché smaschera le imposture del Nuovo Ordine Industriale svelandone il significato retrivo, perché crea un nuovo senso di appartenenza e una nuova orgogliosa specificità operaia.
Milva Maria Cappellini
Ritanna Armeni , giornalista da molti anni, ha lavorato a il manifesto, a l’Unità, a Rinascita, a Liberazione e all’agenzia Asca. È stata giornalista editorialista del Riformista. Per quattro anni ha condotto su La 7 “Otto e mezzo” con Giuliano Ferrara e ha collaborato con Radio tre e vari programmi televisivi. Per Ediesse ha pubblicato con Emanuele Giordana Due pacifisti e un generale. Ha curato il volume Parola di donna. È sposata, ha una figlia e una nipote.